Queirolo: sarà un Capoterra molto dinamico.

“Facci connotta” direbbero a Capoterra. Ovvero è un volto conosciuto, già visto. E in effetti quello di Juan Manuel Queirolo (più semplicemente Quichi) è un viso che, gli amanti del rugby capoterrese e sardo conoscono benissimo visto che, proprio a Capoterra, lui ha giocato e ha allenato nell’oramai lontano 2008, contribuendo alla conquista della serie A al termine della stagione 2010-2011. E ora, a distanza di anni, con più esperienza e qualche capello bianco, il tecnico argentino ci riprova, convinto dal presidente Andrea Cogoni e da tutta la dirigenza, a prendere in mano la squadra in vista del prossimo campionato di serie B.

Classe 1974 (31 luglio), Juan Manuel Queirolo nasce a Rosario in Argentina. Giovanissimo intraprende la disciplina della palla ovale, giocando proprio nella squadra della sua città, fino al 1999, quando decise di lasciare la terra natia per sbarcare in Italia, indossare la maglia del Viadana e successivamente anche quella della nazionale azzurra (oriundo).

La sua attività da professionista della palla ovale (giocava come mediano di mischia) rimbalzò tra l’Italia e la Francia giocando nell’ordine con: Dax, Béziers, Leonessa (Brescia), Rovigo e Amatori Catania.

Nel 2008 arriva in Sardegna, prima come giocatore e poi rivestendo il ruolo di allenatore-giocatore con la serie B del Capoterra e riuscendo a conquistare la promozione in Serie A al termine della stagione 2010/2011.

Con la società isolana rimase fino al termine della stagione 2014-2015, poi il ritorno in Argentina, diventando direttore tecnico e allenatore dell’Old Resian, riuscendo nel 2017 ad ottenere la storica promozione nel massimo campionato di rugby argentino.

Tra i ruoli importanti ricoperti in Italia, ricordiamo quello di direttore del Centro di formazione Nazionale FIR Under 16 dal 2013 al 2016.

Manuel Queirolo, dopo anni di assenza il “cuore” ti ha riportato a Capoterra. Cosa ti ha spinto a ritornare?

“Sono due i fattori che mi hanno fatto fare questa nuovo scelta di vita e professionale. Anzitutto il discorso, convincente, fattomi dai dirigenti dell’Amatori che dopo anni, volevano recuperare uno stile di gioco, un’identità propria del club. Hanno pensato a me per riuscire a riportare in alto, sia in Sardegna che anche nella penisola il nome dell’Amatori Rugby Capoterra, e poi devo ammetterlo: per me Capoterra è la mia seconda casa. Ho dei bei ricordi, tanti amici e i miei figli sono nati proprio qui. Quindi per me è stata una scelta non certo complicata”.

A fine agosto sono ripresi gli allenamenti in vista del prossimo torneo di Serie B. Che gruppo è quello di quest’anno?

“Il gruppo che ho trovato è molto giovane ma tra loro anche elementi d’esperienza che già ho avuto modo di allenare in passato. Ragazzi con un bagaglio professionale davvero importante. Tra loro un bel mix di giocatori sardi e altri che arrivano da diverse realtà. Sono convinto che da loro arriverà un bel carico d’esperienza da utilizzare per i giovani e per il campionato. Sicuramente un bel potenziale che potrà essere ulteriormente rinforzato con altri possibili arrivi. Quindi una squadra che lavora bene sul campo e che pian pianino troverà quella identità di gioco utile per la stagione e per il futuro”.

Che caratteristiche avrà il Rugby Capoterra targato Manuel Queirolo?

“Sarà un rugby non certo frontale e di contatto che ovviamente bisogna fare, cercando soprattutto di “evadere” ovvero liberarsi dall’avversario, avere continuità e soprattutto, come diciamo noi: avere la “pelota viva”, allargare il campo, cercare di usare le touche, ritornare e mettere molto ritmo e soprattutto molta dinamica. Elementi che, ne sono certo, daranno al gruppo la possibilità di creare delle opportunità e, quel che conta, trovare mete e punti”.

Che obbiettivi si pone il tecnico e soprattutto la squadra in vista del campionato?

“Il discorso che mi è stato fatto dalla dirigenza e che ovviamente ho condiviso, è quello di trovare al più presto la salvezza in serie B, magari puntare a diventare anche protagonista di questo torneo e poi cominciare a gettare le basi per ritrovare nel breve periodo, magari in tre anni, in serie A. Arrivandoci dopo aver consolidato il nostro gioco, importante per riuscire a mantenere negli anni la categoria”.

Quindi è prematuro parlare di promozione?

“Io non mi pongo mai degli obbiettivi. Occorre anzitutto diventare un buon gruppo ed esprimere un buon gioco e poi capire a quale livello questo gioco può essere utilizzato. Sicuramente sarebbe bellissimo andare in serie A nel breve periodo. Per me è certamente prematuro parlare di promozione. Meglio andare per step, rimanere con i piedi per terra e lavorare sulla serie B, facendo un gioco che ci permetta di ottenere risultati, ci faccia divertire, ma soprattutto sia gradito ai nostri tifosi. Perché l’altro obbiettivo è quello di riportare il tifo sugli spalti e far diventare il rugby il primo sport per Capoterra”.

Ci sono i nuovi arrivi, il gruppo dei sardi, il vivaio locale ingredienti giusti per far fare il salto di qualità e magari riportare il tifo in via Trento…

“Beh, il vivaio è il cuore pulsante di una società sia di rugby ma anche di tantissime discipline. Per l’Amatori Capoterra il vivaio da sempre è stato determinante. C’è bisogno dei giovani, del gruppo dei sardi e i nuovi arrivi, ma per crescere occorre che tutti lavorino per la società. Tutte le componenti devono contribuire affinché si cresca. I club si costruiscono e si mantengono grazie all’apporto di tutti. Dal giovane, al giocatore della prima squadra, ai dirigenti, agli accompagnatori e per finire ai tifosi che sono graditi non solo alle partite ma anche in settimana nel corso degli allenamenti. Sarebbe davvero un bel sogno”.

Ufficio Stampa
Amatori Rugby Capoterra